Da oltre un anno ripeto la stessa cosa: per ottenere un ROI dall’intelligenza artificiale, serve che l’80% della tua forza lavoro usi l’AI ogni giorno. Lo penso ancora. Ma c’è un problema: questa formula è incompleta.
Serve che l’80% dei tuoi dipendenti usi l’AI ogni giorno per casi d’uso che generano effettivamente ROI. Non per riassumere riunioni. E tanto meno per compilare la lista della spesa (sì, succede davvero o pianificare le vacanze).
Cos’è un “caso d’uso che genera ROI”? Semplice: è un utilizzo dell’AI che permette al dipendente di impattare significativamente su metriche che guidano fatturato o margini. Se l’AI aiuta un commerciale a fissare il doppio delle prime chiamate, e il 30% di quelle chiamate si trasforma in vendite chiuse, ecco il tuo ROI. Se un caso d’uso permette a un dipendente di servire il doppio dei clienti senza assumere nuove persone, stesso discorso.
Il resto? Fumo negli occhi.
L’equazione nascosta del ROI dell’AI
Facciamo un po’ di matematica da bar. L’equazione del ROI dell’intelligenza artificiale nelle aziende non è semplicemente: “dipendenti × utilizzo AI = profitto”. È più simile a questa:
ROI = (% dipendenti che usa AI) × (frequenza utilizzo) × (valore del caso d’uso)
Quel terzo fattore – il valore del caso d’uso – è quello che molti ignorano. E ha un peso enorme.
Puoi avere il 100% del team che usa ChatGPT tutti i giorni, ma se lo usano per riformulare email o chiedere ricette, il tuo ROI è zero. Anzi, probabilmente negativo, considerando il tempo perso e l’abbonamento che paghi.
Le aziende italiane, in particolare le PMI, stanno facendo esattamente questo errore: confondono l’adozione con il valore. Credono che basti far usare l’AI per vedere i risultati. Come pensare che dare a tutti una macchina aziendale aumenti automaticamente le vendite.
La verità scomoda: il tuo team potrebbe usare l’AI per fare liste della spesa
Parliamoci chiaro: la maggior parte dei dipendenti che “usano l’AI” stanno facendo attività che non spostano un euro nel conto economico.
Riassumere documenti? Carino, ma irrilevante. Riformulare messaggi? Simpatico, ma inutile. Generare idee per la riunione? Interessante, ma poco efficace.
Questi non sono casi d’uso che generano ROI. Sono passatempi digitali. Placebo aziendali. La versione corporate del “ho lavorato tanto oggi” quando in realtà hai solo spostato carte da una pila all’altra.
Il problema è che queste attività sembrano produttive. Danno la sensazione di fare qualcosa di innovativo. Ma se domani il dipendente smettesse di usare l’AI per queste cose, l’azienda non se ne accorgerebbe nemmeno nei numeri di fine mese.
In questo calderone rientrano anche tutte le attività dove l’AI viene usata per compiti con impatto, ma purtroppo senza un risultato davvero utile (vuoi per capacità tecnica, vuoi per mancanza di dati, ecc…).
Tre motivi per cui i casi d’uso dell’AI non generano valore
1. I dipendenti non pensano in termini di ROI
La maggior parte delle persone non si alza la mattina chiedendosi: “Come può il mio lavoro di oggi aumentare il fatturato aziendale?” Passano le giornate a spuntare task da liste infinite: mandare email, approvare contenuti, analizzare dati.
Se lavori nelle vendite, probabilmente vedi la connessione tra il tuo lavoro e i ricavi aziendali, perché vieni pagato per quello. Ma la stragrande maggioranza dei dipendenti non ragiona così. Non si chiede: “Se faccio X in modo più efficiente o scalabile, l’azienda guadagna di più o spende di meno.”
È un problema di mindset, non di strumenti. E l’AI non risolve i problemi di mindset.
2. I casi d’uso dell’AI sono specifici per ogni singolo dipendente
Per implementare un caso d’uso che genera ROI reale, serve MOLTO contesto sul lavoro del singolo dipendente. Su cosa passa il tempo che potrebbe essere fatto in modo più efficiente? Quali attività guidano la crescita del business e potrebbero essere ampliate?
Questo va ben oltre il classico “usa l’AI per scrivere un piano marketing”. È impossibile insegnarlo a centinaia di persone in un workshop generico. È come pretendere di insegnare a tutti a cucinare dando la stessa ricetta, indipendentemente dagli ingredienti che hanno in frigo.
3. Questo tipo di caso d’uso è DIFFICILE
Usare l’AI per scalare il lavoro umano è complicato. Richiede un livello di automazione che va oltre il semplice “scrivo un prompt in ChatGPT”.
Recentemente ero in un’azienda italiana che produce moda. Per spiegare come tutti dovrebbero provare ad aumentare la produttività con l’AI, ho suggerito un esempio banale: contare gli spilli nei campioni di produzione facendo una foto. Sembra stupido, vero?
Forse lo è, ma se riduce un’attività che richiede 15-20 minuti a meno di uno e meno soggetta a errori umani, allora ha un perché. Automatizzare compiti con il riconoscimento visivo dell’AI può liberare ore di lavoro settimanali, permettendo al team di concentrarsi su decisioni che effettivamente impattano sul design e sulla produzione.
Ma spesso ci vogliono diversi tentativi per farlo funzionare bene. Non è tutto “prompt e via”.
Dal conteggio degli spilli alla vera automazione: un caso reale nella moda italiana
Prendiamo un altro esempio concreto dal mondo del marketing (non italiano, ma applicabile ovunque).
Un team inizia usando l’AI per generare email ai consumatori. Scrivono un po’ di contesto su ogni corso, lo mandano a ChatGPT, poi copiano e incollano i risultati in un documento. Forse risparmiano 15 minuti a sessione, ma non stanno guidando vero valore di business.
Poi costruiscono un’automazione che: segnala automaticamente quando un corso è a un mese dalla partenza, legge i materiali del corso, scrive l’email, e la invia per revisione su Slack. Questo permette di testare A/B diverse varianti e scalare le vendite consumer senza molto sforzo umano.
Questo genera ROI. Ma ha richiesto parecchi test per funzionare correttamente.
La differenza? Nel primo caso, l’AI è un assistente. Nel secondo, è un moltiplicatore di forza. Nel primo caso, risparmi minuti. Nel secondo, sblocchi crescita.
Perché i workshop sull’AI sono una perdita di tempo (e cosa fare invece)
Il responsabile AI in azienda si trova davanti a una sfida enorme: deve formare migliaia di persone a trovare questi casi d’uso che generano ROI. E ha un playbook già vecchio: coaching 1:1, workshop ripetuti, pranzi formativi.
Chiaramente non funziona.

Non puoi sederti con 1.000 persone e sezionare il loro lavoro a questo livello. Tanto meno insegnare loro a costruire automazioni che generano ROI. È come pretendere di insegnare chirurgia con una lezione teorica in auditorium.
I workshop generici sull’AI sono il teatro della formazione aziendale. Fanno sentire tutti innovativi per un paio d’ore, poi ognuno torna alla propria scrivania e continua a fare esattamente quello che faceva prima. Magari con ChatGPT aperto in background per sentirsi un po’ più tech.
Il problema fondamentale è che stai cercando di scalare qualcosa di intrinsecamente non scalabile: la comprensione profonda del lavoro individuale di ogni dipendente.
Come scalare l’adozione dell’AI in azienda (senza impazzire)
Quindi, come fai a scalare la scoperta di casi d’uso AI personalmente rilevanti a migliaia di dipendenti?
Con l’AI stessa.
Suona circolare, lo so. Ma è l’unico modo. Devi usare l’intelligenza artificiale per aiutare i dipendenti a capire dove l’intelligenza artificiale può aiutarli. Devi costruire sistemi che:
Analizzano il lavoro effettivo del dipendente. Non quello che pensano di fare, ma cosa fanno realmente. Quali task ripetono? Dove passano il tempo? Cosa potrebbe essere automatizzato?
Suggeriscono casi d’uso specifici. Non generici “usa l’AI per il marketing”, ma “automatizza il processo di approvazione delle grafiche social che ora richiede 2 ore a settimana”.
Guidano l’implementazione. Non basta identificare l’opportunità. Serve supporto tecnico per trasformarla in automazione funzionante.
E sì, questo richiede investimento. Richiede costruire infrastruttura. Ma è l’unica alternativa a mandare il tuo team di formatori AI a fare 10.000 sessioni 1:1 che non scalano e non funzionano.
La domanda che devi farti (prima di sprecare altri soldi in formazione AI)
Ecco la domanda brutale che ogni responsabile dovrebbe porsi: se domani tutti i dipendenti smettessero di usare l’AI, quanto diminuirebbe il fatturato o quanto aumenterebbero i costi?
Se la risposta è “poco o nulla”, non hai un problema di adozione dell’AI. Hai un problema di casi d’uso. E tutti i workshop del mondo non lo risolveranno.
L’intelligenza artificiale per le aziende non è una questione di quante persone la usano. È una questione di quanto valore genera ogni utilizzo. Un solo dipendente che automatizza un processo critico vale più di 100 dipendenti che usano ChatGPT per riscrivere email.
Quindi smetti di contare gli utenti attivi. Inizia a misurare l’impatto sui numeri che contano davvero.
Vuoi costruire una strategia di adozione aziendale dell’AI che generi ROI reale, non solo metriche di vanità? Digital Punk aiuta le aziende italiane a identificare e implementare casi d’uso che impattano concretamente su fatturato e margini. Scopri come possiamo supportare la tua organizzazione con un percorso strutturato.
Non esiste un “ROI medio” significativo per l’AI in azienda. Il ROI varia enormemente in base ai casi d’uso implementati. Alcune aziende vedono ritorni del 300-500% su automazioni specifiche, mentre altre spendono migliaia di euro in licenze senza vedere alcun impatto sui numeri di business. La differenza non sta nello strumento, ma in come viene applicato a processi che effettivamente guidano fatturato o riducono costi.
La formula dell’80% dei dipendenti che usa AI quotidianamente è valida solo se questi dipendenti la utilizzano per casi d’uso che generano ROI. Meglio avere il 20% del team che automatizza processi critici di business piuttosto che il 100% che usa l’AI per task irrilevanti come riassumere riunioni o riformulare email.
I casi d’uso ad alto ROI sono quelli che permettono di scalare attività che impattano direttamente su revenue o margini: automazione di processi di vendita, gestione clienti senza aumento di headcount, controllo qualità automatizzato nella produzione, analisi predittiva per decisioni di business. In generale, qualsiasi automazione che libera tempo da dedicare ad attività strategiche o che permette di servire più clienti con le stesse risorse.
I workshop generici sull’AI falliscono perché i casi d’uso ad alto valore sono specifici per ogni ruolo e contesto aziendale. È impossibile insegnare in modo scalabile applicazioni personalizzate a centinaia di dipendenti diversi. Serve invece un approccio che analizza il lavoro effettivo di ogni persona e suggerisce automazioni rilevanti per il loro ruolo specifico.
Identifica metriche di business chiare prima di implementare l’AI: aumento del fatturato per venditore, riduzione del tempo di produzione, incremento dei clienti serviti senza nuove assunzioni, diminuzione degli errori nel controllo qualità. Poi misura l’impatto dell’AI su queste metriche specifiche, non su metriche di vanità come “numero di utenti attivi” o “prompt generati al giorno”.


